IO CELIACA E ORA COSA FACCIO?
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E' PARTITA LA PUBBLICITA' PROGRESSO AIC
TIZIANA il 12/01/2011, alle 08:07 (UTC)
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VACCINO H1N1 E CELIACHIA
TIZIANA il 12/01/2011, alle 08:06 (UTC)
 “Il consiglio che, in qualità di presidente del CSN-AIC, mi sento di dare ai celiaci è quello di vaccinarsi in presenza di patologie concomitanti che aumentino il rischio di infezioni, di una scarsa risposta alla dieta sul piano clinico ed in presenza di fattori di rischio legati all'età, alla gravidanza ed all'attività lavorativa (tutti indipendenti dalla celiachia), mentre per la stragrande maggioranza dei celiaci a dieta aglutinata stretta la decisione di vaccinarsi rimane del tutto personale in quanto il rischio di contrarre l'infezione suina è paragonabile a quello della popolazione generale non celiaca.
Altresì è sconsigliato qualsiasi tipo di vaccinazione (se non strettamente necessaria) nella fase florida della celiachia quando ancora sono presenti elevati titoli di anticorpi antritransglutaminasi ed antiendomisio circolanti prima che sia trascorso un congruo periodo di dieta senza glutine.”

http://www.celiachia.it/faq/faq.asp?idcat=6&idpag=132
 

ASPETTI EPIDEMIOLOGICI
TIZIANA il 12/01/2011, alle 08:05 (UTC)
 La celiachia è una malattia nota da molti anni, ma solo in tempi recenti viene riconosciuta come un problema piuttosto comune, e quindi riceve una maggiore attenzione anche da parte dei produttori di alimenti e dei ristoratori. La stima della prevalenza della celiachia, a livello mondiale, è dell’1%.

Secondo recenti studi americani, la malattia è ampiamente sottostimata negli Stati Uniti, dove interessa una persona su 133. La diagnosi invece viene effettuata mediamente solo sul 3% dei malati. Ci sarebbero quindi più di due milioni di celiaci non diagnosticati nei soli Stati Uniti. Tra le persone che hanno un parente di primo grado celiaco, la percentuale sale moltissimo, con una incidenza della malattia di 1 caso su 22 persone. Studi epidemiologici recenti stanno rilevando la presenza notevole di celiachia anche in aree del mondo nelle quali non si riteneva fosse molto presente, dall’Africa al Sudamerica e all’Asia.

In Europa, la celiachia sarebbe la più comune malattia di origine genetica. In Italia, ad esempio, probabilmente anche in seguito all’elevato consumo di pasta, la stima del National institute of diabetes and digestive and kidney diseases americano è di un caso su 250. Secondo l’Associazione italiana celiachia (Aic), invece, l’incidenza di questa intolleranza in Italia si aggira su un caso ogni 100-150 persone. I celiaci quindi potrebbero essere circa 400 mila, ma ne sono stati diagnosticati solo 35 mila. Ogni anno, sostiene sempre l’Aic, vengono effettuate cinque mila nuove diagnosi ed ogni anno nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo del 9%.
Uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet da un gruppo di ricercatori italiani ha analizzato il tasso di mortalità tra più di 1000 malati di celiachia, diagnosticati tra il 1962 e il 1994, e su oltre 3300 loro parenti di primo grado. Lo studio ha permesso di evidenziare che il tasso di mortalità è significativamente in eccesso rispetto all’atteso (53 i morti contro i 26 attesi), soprattutto nei primi tre anni dopo la diagnosi, nei pazienti che presentano sintomi di malnutrizione e non in quelli con sintomi minori. La mortalità appare correlata al ritardo con cui viene effettuata la diagnosi e quindi il cambiamento di dieta, e la causa principale di morte è lo sviluppo di linfoma. L’eccesso di mortalità non riguarda invece i parenti di primo grado.

 

HLA E CELIACHIA
TIZIANA il 12/01/2011, alle 08:04 (UTC)
 Molto interessante è un articolo del 2006 della American Society for Clinical Investigation[5] che riporta una ricerca nata da una collaborazione europea per trovare il maggior numero possibile di celiaci che non presentano nè il DQ2 nè il DQ8. Sono stati selezionati 1008 celiaci europei e 61 di questi pazienti non presentavano nè il DQ2 nè il DQ8.Analizzando l'HLA di classe II di questi 61 casi, 50 avevano la metà dell'eterdimero DQ2, ma non il DQ2 completo. I restanti casi nemmeno quello.Pertanto possiamo naturalmente dedurre che i casi di celiaci che non hanno nè il DQ2 nè il DQ8 sono rari, ma ci sono. E in quei casi, può esserci un DQ2 incompleto, che però basta a scatenare, insieme agli altri fattori, la malattiaIn questi ultimi anni si parla molto dell’ HLA e della sua correlazione con la malattia celiaca.
Tuttavia, quello che ho notato è che si è fatta una gran confusione in merito al reale potenziale diagnostico di questo test.

Quando si ritirano le analisi spesso ci si trova di fronte la frase “positivo per la celiachia” o “negativo per la celiachia”, come se questo test fosse un esame risolutivo.
Dalle mie ricerche su internet, non sembra affatto essere così.

Vediamo allora (molto brevemente) cosa ho trovato.

HLA è un acronimo che sta per Human Leucocyte Antigens (antigeni umani leucocitari).

Se parliamo di HLA nella celiachia, parliamo di HLA DI CLASSE II che è, in sintesi, un sistema[1] di molecole che si trovano sulla superficie di alcune cellule immuno-competenti e che "aiuta" il sistema immunitario a riconoscere ciò che dovrebbe attaccare (ad es. i virus).
Queste molecole, si comportano come "antigeni", provocando, ad es. in caso di infezione, una reazione immunologica.
A seconda della sequenza molecolare che hanno infatti, sono o meno in grado di “legarsi” con il “nemico/invasore”, O PRESUNTO TALE, così da “presentarlo” ai meccanismi difensivi del sistema immunitario.

Purtroppo, in alcuni casi, invece di legarsi ai veri nemici, si legano per errore a molecole innocue, sia esterne (glutine) sia interne (cellule del nostro stesso organismo).
Pertanto le reazioni che provocano, se sono corrette saranno immuni, se invece sono sbagliate (contro lo stesso organismo) saranno auto-immuni.

Si è tentato perciò di effettuare una mappatura di queste molecole, in modo da riconoscere l’associazione fra la loro presenza nel DNA di un soggetto e la possibilità che questi possa contrarre una o più malattie autoimmuni.

L’idea era che, trovato un gene X che regolava la reazione autoimmune tipica di una determinata malattia Y, si sarebbe potuto a priori, scoprire se quell’individuo, sin dalla sua nascita, avrebbe in seguito sofferto di quella stessa malattia Y.

Poi però si è visto che era necessario che la genetica andasse più a fondo.
Non si riusciva cioè ad identificare un determinato gene ma alcuni alleli (parti del gene), poiché spesso si legano diversamente, formando più catene (eterodimeri).

All’inizio le ricerche hanno scatenato un forte entusiasmo.
Poi però si dovuto operare un ridimensionamento.

Dalle statistiche si è potuto dimostrare solo una maggior frequenza della presenza di alcuni eterodimeri e/o alleli in alcune malattie, e non una vera e propria mappa delle malattie correlate.
Per questo si parla di PREDISPOSIZIONE GENETICA, ma si sa per certo che la predisposizione non è la malattia e la mancata predisposizione non esclude la malattia stessa.

Il rapporto cioè non è di 1:1.

Per esempio, l’artite reumatoide sarebbe maggiormente associata statisticamente (parliamo di percentuali fino al 70%) di eterodimeri DR1 e/0 DR4[2]. La spondilite anchilosante con il B27, il lupus con B8, DR3 e DRw52[3]. Ma ci sono malati di queste patologie che non hanno queste caratteristiche e soggetti perfettamente sani che le posseggono.

Questo ha suggerito un approccio molto più cauto e l’utilizzo della genetica per un’indicazione statistica e non per uno strumento per diagnosi definitive.

Per la celiachia, all’inizio si parlò del DQ2 e poi è stata scoperta anche l’associazione con il DQ8.
Questi ultimi due eterodimeri hanno la cosidetta “affinità con la gliadina”, cioè i ricercatori hanno scoperto che tendono a legarsi con essa.

Ma, chiarito che avere la predisposizione non è avere la malattia (30% della popolazione predisposta NON E’ CELIACA poiché a scatenare la malattia intervengono anche altri fattori), quello che davvero fa pensare è l’altro caso; circa il 2-5% della popolazione celiaca NON PRESENTA NESSUNO DEI DUE ALLELI[4].

Se esiste ancora una percentuale di malati che non presenta le caratteristiche genetiche scoperte, o meglio, se ci fosse anche un solo malato che non le possiede ma ha la malattia, questo suggerisce che c’e ancora molto da scoprire.

 

Pillola anticeliachia
Tiziana il 12/01/2011, alle 08:03 (UTC)
 Pillola anticeliachia. Potrebbe arrivare in commercio fra 2-3 anni la pillola anti-celiachia, da assumere prima dei pasti e in grado di bloccare l'effetto tossico del glutine, consentendo a chi è intollerante di alimentarsi come tutti gli altri. Lo ha annunciato Umberto Volta, del Sant'Orsola di Bologna e presidente del comitato scientifico dell'Associazione italiana celiachia (Aic), oggi a Roma. Si sono appena conclusi i test di fase II, condotti su circa 200 pazienti a cui il farmaco è stato somministrato 3 volte al giorno prima di ogni pasto, per sei settimane. «La pillola - spiega Alessio Fasano, direttore del Centro di ricerca sulla celiachia dell'Università del Maryland a Baltimora, negli Usa - previene i sintomi associati al consumo di cibi contenenti glutine, in quantità equivalenti a un piatto di pasta abbondante al giorno. Solo il 14% dei celiaci che l'hanno assunta ha sviluppato i sintomi, contro il 75% di quelli trattati con placebo».

Il farmaco, individuato 4 anni fa dal gruppo di ricerca guidato da Fasano, blocca l'aumento della permeabilità intestinale indotto dal glutine inibendo una proteina, la zonulina, che regola l'apertura dei 'cancellì dell'intestino. Da questi cancelli aperti passano, infatti, frammenti tossici di glutine non completamente digerito che scatenano la risposta immunitaria dell'organismo. A breve partirà lo studio clinico di fase III, che dovrebbe concludersi nel giro di 2-3 anni. E poi la pillola potrebbe arrivare in commercio. «Non potrà, però - avverte Volta - sostituire del tutto una dieta priva di glutine. La si potrà assumere in occasioni speciali, in cui il celiaco potrà mangiare ciò che vuole come tutti gli altri».
 

1° festa dell' apparato digerente SETTEMBRE 2009
Tiziana il 12/01/2011, alle 08:02 (UTC)
 Nelle giornate di Sabato 19 e Domenica 20 Settembre 2009, nella splendida cornice dei Magazzini del Sale di Cervia (Ra), si è tenuto il 1° “Festival dell’Apparato Digerente”, un evento davvero d’eccezione, in quanto convegno scientifico che ha messo a fuoco tematiche sanitarie di altissimo interesse clinico e sociale, in simbiosi con la manifestazione eno-gastronomica “I Sapori d’Europa – Mercato Europeo del Cibo”.
Erano presenti a parlare di celiachia, oltre al Prof. Umberto Volta, il prof. Alessio Fasano, direttore di Pediatria all’Università di Baltimora e detentore del brevetto per il primo farmaco-trattamento della celiachia, la famosa “pillola anti-zonulina” di cui tanto i mass-media hanno parlato in questi mesi, talvolta a sproposito.
In primis, è stato sottolineato dal Prof. Volta il trend diagnostico degli ultimi 7/8 anni, che ha visto un aumento del 70% delle nuove diagnosi, a seguito dell’introduzione del nuovo screening anticorpale, nonché la sempre maggior importanza che riveste A.I.C., che ha raggiunto i 65.000 soci (6.200 solo in Emilia-Romagna), di fronte ad un morbo, quello celiaco, definito un vero e proprio “camaleonte” sul piano clinico (“se uno non ci pensa, non la trova”), interessando potenzialmente a 360 gradi tutti gli organi del corpo.
Il Prof. Fasano, con il suo eloquio affascinante e coinvolgente, ha saputo offrire un quadro preciso e dettagliato degli enormi passi avanti fatti dalla ricerca in questo settore, con una relazione di largo respiro, partendo dal considerare che, in fondo, se due milioni e mezzo di anni fa non esisteva il glutine, essendo una “invenzione” relativamente recente (10.000 anni fa), con l’introduzione dell’agricoltura, oggi dobbiamo necessariamente farne fronte.
Ancora una volta è stato sottolineato che per diagnosticare adeguatamente questa malattia autoimmunitaria (che ha due fattori fondanti: la predisposizione genetica ed il fattore ambientale scatenante) è quanto mai opportuno che la diagnosi venga confermata prima dell’inizio del trattamento, poiché l’esclusione del glutine prima della diagnosi definitiva non solo è inutile ma è anche fortemente fuorviante.
Parimenti, nell’evidenziare l’importanza degli attuali screening clinici, che rivestono una certezza quasi pari al 100%, sono stati sottolineati i limiti dei test rapidi acquistabili in farmacia, poco precisi e assolutamente non alternativi ai mezzi ordinari.
L’intervento del Prof. Fasano ha raggiunto il suo apice quando lo scienziato ha cominciato a trattare della “prevenzione” e del “trattamento” della celiachia.
In materia di “prevenzione”, molto si può fare nello studio dell’epoca ideale per cominciare ad introdurre glutine nella dieta del neonato. C’è chi sostiene che ritardare l’introduzione del glutine possa prevenire la comparsa del morbo, chi invece ritiene che ciò possa solo ritardare la comparsa dei sintomi, ma fino a poco tempo fa non vi erano dati in materia.
Attualmente, grazie ad A.I.C., si sta portando avanti uno studio prospettico su circa 700 bambini, metà dei quali hanno avuto l’introduzione del glutine nei primi 6 mesi di vita, mentre l’altra metà in epoca successiva all’anno di vita.
Bene, grazie ai risultati evidenziati fino ad ora, certo non definitivi ma solo indicativi di un trend, si è potuto constatare che i neonati del primo gruppo, hanno sviluppato la malattia nella misura dell’8-9%, mentre quelli del secondo gruppo solo nella misura del 2%.
Di certo, prima di trarre conclusioni, occorrerà attendere alcuni anni ed il consolidamento degli studi sui bambini.
In materia di “trattamento” della celiachia, laddove non si segua, volontariamente o meno, una dieta corretta, la ricerca ha fatto passi da gigante, tuttavia con considerevoli costi (1 miliardo di dollari) e tempi (15 anni), tanto da poter affermare, pur con tutte le cautele del caso, di essere a buon punto, con la ricerca che prosegue su diversi fronti.
Un primo farmaco allo studio inibisce sostanzialmente la reazione dell’organismo contro l’aggressione del glutine, impedendo la migrazione dei “soldati” verso l’intestino.
Un secondo trattamento allo studio è dato da enzimi che agiscono sull’ingestione della proteina-glutine, che viene “spezzettata”, affinchè l’intestino non la riconosca più come un pericolo (assumendo tali enzimi, il glutine non crea problemi al sistema immunitario).
Un terzo fronte di “trattamenti” è forse il più radicale e risolutivo: il vaccino, una sostanziale riprogrammazione delle cellule immunitarie (da agosto, sono cominciate le prove cliniche in Australia, per cui il difficile iter va avanti).
Un quarto farmaco, forse il più suggestivo, è la “pillola anti-zonulina”, che inibendo la zonulina, appunto, va ad incidere sul passaggio della gliadina dall’intestino al corpo, “chiudendo le porte”, bloccando la permeabilità intestinale.
Proprio in tale direzione deve procedere la ricerca: se non è possibile modificare i geni, la predisposizione genetica, se non è possibile eliminare i fattori ambientali, il glutine, di certo si può lavorare per eliminare il difetto di barriera.
Inibire la zonulina per difendere il celiaco dall’invasione del glutine: questa la nuova frontiera.
Le fasi superate fino ad ora in maniera soddisfacente, poiché il farmaco clinicamente funziona, e l’inizio della terza fase di sperimentazione, fanno ben sperare che in un orizzonte temporale di 2/3 anni, si possa finalmente vedere le applicazioni concrete dell’unico esempio di farmaco che blocca un’autoimmunità (non una semplice infiammazione).
Dunque il cammino è ancora lungo ma si può ragionevolmente sperare nel successo della ricerca, che prosegue anche grazie ad A.I.C. e ai volontari che la fanno muovere.

Resoconto del Convegno Medico del 19 settembre a Cervia - prof. Volta, Prof. Fasano.
 

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SEMPRE DA CONSULTARE  
  Soprattutto per chi, come me, si trova ad affrontare la celiachia gia da grande, è facile cadere nella tentazione e dire:
"Fino a ieri l' ho mangiato e non mi ha fatto mai male, sicuramente lo posso mangiare"
Oppure è facile dire " Va beh! per una volta si può fare un' eccezione oggi lo mangio"
Nulla di più sbagliato:
prima di tutto perchè in italia l' unico obbligo che c' è per le aziende è scrivere che nell' alimento potrebbero essere presenti tracce di un allergene , senza dare mai la piena sicurezza.
Nel dubbio è sempre bene rifarsi al prontuario dei prodotti per celiaci.
Esiste una versione online , gratuita da scaricare sul link sotto riportato, oppure si può richiedere direttamente alla AIC associazione italiana celiaci.
Non fate mai di testa vostra .
E' dura dura dura.... ve lo dice una golosa che in gravidanza ha tartassato i centralini della Ferrero, della Perugina e di un sacco di altre aziende prima di scoprire questo utilissimo strumento

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